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ARMI ANTICHE INEFFICIENTI - Angelo Vicari

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? Così si lamentava il nostro insigne concittadino Dante, siccome, già ai suoi tempi, a causa dell’emanazione di tante norme, ci si dimenticava di applicarle, spesso per colpa, ma anche per dolo.
Se questo accadeva ai suoi tempi, quanto è attuale tale affermazione per i nostri!....
Uno dei tanti esempi è la legge n. 36, del 31 febbraio 1990, relativa alle nuove norme per la detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati.
Infatti, molti detentori di armi antiche lamentano la scarsa conoscenza o la mancata osservanza, da parte degli operatori delle Forze di polizia,  dell’art. 5 di quest’ultima che così recita: la detenzione, la collezione ed il trasporto di armi antiche inidonee a recare offesa per difetto ineliminabile della punta o del taglio, ovvero dei congegni di lancio o di sparo, sono consentiti senza licenza o autorizzazione.
Riprova della scarsa conoscenza di tale norma la possiamo riscontrare anche nella sentenza del TAR del Lazio (n. 15871/22), con la quale è stato dichiarato illegittimo il decreto di divieto di detenzione di armi, motivato anche dalla omessa denuncia di una pistola antica non funzionante. Leggendo tale sentenza ci si accorge che non vi è alcun riferimento alla L. 36/90.
Si può ipotizzare che la scarsa conoscenza dell’art. 5 possa avere una sua giustificazione nell’inserimento in una legge che contempla altre disposizioni che nulla hanno a che vedere con le armi antiche.
Quanto previsto dall’art. 5 avrebbe dovuto trovare il suo corretto inserimento nel Regolamento delle armi antiche del 1982. Infatti, chi procede al controllo farà ricorso a quanto previsto da quest’ultimo, non ricordando che il legislatore, otto anni dopo, ritenne opportuno venire incontro agli appassionati di armi antiche, svincolandoli dalle incombenze burocratiche per quelle con particolari caratteristiche che le rendono inidonee a recare offesa.
Ad una sommaria lettura, la norma non sembra ingenerare particolari difficoltà interpretative. Si prendono in considerazione tre specie di armi antiche: quelle bianche (da evidenziare che è la prima volta che una legge fa riferimento alle bianche antiche), quelle da lancio e quelle da fuoco.
Le bianche antiche rientrano nel disposto dell’art. 5 quando difettano della punta o del taglio; quelle da lancio quando difettano dei congegni di lancio; quelle da sparo quando difettano  dei  congegni di sparo.
Tali difetti devono essere ineliminabili, così da renderle inidonee a recare offesa. Quando le armi antiche abbiano tali difetti, possono essere detenute, collezionate e trasportate senza alcuna licenza o autorizzazione, rimanendo l’obbligo di altri permessi, come per esempio per  l’importazione, l’esportazione. L'acquisto rimane libero perché non si è più di fronte ad un'arma, ma ad un oggetto; le autorizzazioni per importazione o esportazione possono avere un senso solo se giustificate con l'esigenza di tutela di beni culturali. Il che si deduce chiaramente dal fatto che un pugnale moderno privo di punta e filo, è del tutto libero da ogni formalità di pubblica sicurezza.
L’intenzione del legislatore è chiara: le armi antiche inidonee a recare offesa non devono essere considerate armi, quindi senza obblighi burocratici per la detenzione, la collezione ed il trasporto. Ma tale buona intenzione sembra non essersi concretizzata per la scelta di alcuni termini inseriti al momento della stesura della norma.
Infatti, purtroppo, una lettura più attenta dell’art. 5 porta a scoprire difficoltà nell’interpretazione e applicazione pratica dello stesso.
La difficoltà sorge dall’uso dell’aggettivo ineliminabile, che restringe il concetto di difetto, anche se è difficile che quest’ultimo sia ineliminabile in senso assoluto. All’arma bianca può essere facilmente rifatto il filo o la punta; la balestra, inefficiente per la mancanza della corda, può essere riparata con la sostituzione della stessa; la mancanza della piastra di accensione, in un’arma a pietra focaia o a luminello, può essere sanata dalla ricostruzione o con la sostituzione con pezzi di repliche dello stesso modello, così anche per una canna corrosa dalla ruggine. Si consideri che la riproduzione di un mezzo di un meccanismo di arma antica è alla portata di chiunque sappia lavorare con gli attrezzi dei nostri tempi.
Quindi, in pratica, nessun difetto è ineliminabile in armi da punta o da taglio o da lancio e il legislatore avrebbe dovuto limitarsi a stabilire che certe armi da fuoco posteriori (ad esempio) al 1850, diventavano oggetti solo con una disattivazione, come prevista per le armi da fuoco moderna .
E proprio da questo concetto di ineliminabilità nasce la difficoltà dell’applicazione pratica dell’art. 5. Tale incertezza interpretativa non può che creare problemi in fase di controllo da parte delle Forze di polizia, problematiche che, purtroppo, troppo spesso si risolvono solo con procedimenti penali e/o contenziosi amministrativi.
Quindi, sarebbe stato opportuno che il legislatore non avesse inserito la parola ineliminabile, lasciando solo il riferimento al difetto che deve essere tale da rendere l’arma inidonea a recare offesa. Meglio ancora se avesse capito che le armi non da fuoco antiche non hanno bisogno di essere regolate da norme di pubblica sicurezza e che stava creando una norma incostituzionale (è punito chi detiene un rottame antico, ma non chi detiene un rotasme moderno)!
In alternativa, se proprio non si fosse voluto fare a meno di tale aggettivo, poteva essere precisato:…armi antiche attualmente non utilizzabili perché inidonee a recare offesa per difetto ineliminabile… Quest’ultima formulazione avrebbe permesso di superare la questione del concetto di ineliminabilità, siccome la presenza di tale caratteristica avrebbe dovuto essere accertata al momento del controllo, indipendentemente dalla possibilità di riparare il difetto.
Attualmente, in pratica, nell’applicazione dell’art. 5, per cercare di risolvere tale difficoltà interpretativa, si dovrebbe avere il buon senso di contestualizzare il concetto di difetto ineliminabile, riferendolo al momento in cui l’arma viene controllata, tenendo conto anche se tale difetto possa essere eliminabile solo da persone esperte e con l’impiego di attrezzature di non comune utilizzazione.
Legge n.36: una norma sbagliata e dimenticata e, quando ricordata, troppo spesso interpretata senza il buon senso dell’uomo della strada.

Firenze 8 gennaio 2023                                               ANGELO VICARI

 


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